Gambe all’aria: racconti e ricette

Gambe all'aria: capitomboli e biscotti

Pubblicazione: 16/04/2024

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Questa è una storia gambe all’aria, un racconto fatto di ricette, ricordi, capitomboli e biscotti. Ha radici profonde e lontane. Racconta una caduta che me ne ha fatto ricordare un’ altra, e che mi ha riempito di tenerezza. Racconta profumi e tempi lontani che sono sempre nel mio cuore e che spesso mi portano a provare e riprovare una ricetta fino ad ottenere proprio quel profumo, quello che corrisponde al mio ricordo e che lo rende visibile agli occhi.

Così il mio buffo scivolone di qualche giorno fa in campagna, ha dato vita a una storia dedicata a mia sorella Paola, la compagna di tutte le mie avventure infantili, che ha un posto speciale dentro di me. Di seguito troverai un racconto e due ricette infallibili che hanno avuto origine da questo ricordo; o forse invece è proprio dal capitombolo e dal profumo dei biscotti che ha preso vita il ricordo.

Cadere gambe all’aria

Qualche giorno fa sono andata in campagna con mio marito e ci siamo fermati a salutare un amico.

La sua casa è poco lontano dalla nostra, ed è una casa che conosco bene perché era dei bisnonni di mia madre. Lì ho trascorso molti pomeriggi, in visita ad una sfortunata cugina della nonna che aveva dei figli disabili: la mamma ci portava spesso a trovarli. Insomma è un posto dove ho molti ricordi.

Appena arrivati ho buttato l’occhio su un bel coniglio bianco che se ne stava lì a sorridermi, e sui suoi amici grigi nella gabbia vicina. In giardino, libere di scorrazzare, c’erano quattro papere, con il becco e le zampe gialle, ognuna con il suo nome.

Poco più in là il pollaio, ma niente galline. La figlia del nostro amico, una quattordicenne turbo che si comporta da padrona di casa, mi racconta che ci sono due quagliette nel pollaio, e che, come le papere sono appena arrivate. Ora, non è che io morissi dalla voglia di conoscere le quaglie, mentre invece desideravo carezzare i conigli, ma  sono andata con lei a trovare quelle sceme delle quaglie.

Una scelta davvero infelice…

Le due quaglie spaventate svolazzavano in qua e in là senza farsi avvicinare, e noi siamo uscite dal pollaio. Nella confusione di tutti quei voli, ho messo i piedi su una tavola bagnata e scivolosa, posata lì non per me ma per la carriola. È stato come mettere i piedi sul sapone, in un attimo ero gambe all’aria e schiena a terra, e la testa rimbalzava sulla tavola come una palla.

Mi sono alzata subito, piena di vergogna e confusione. Pensavo che era colpa mia, che lo sapevo di dover dimagrire, che avevo rotto la tavola. E pensavo che meno male avevo i pantaloni e che era strano però cadere così, le mie scarpe avevano un ottimo grip.

Appena i pensieri si sono calmati, mi sono accorta che gli altri, intorno a me, erano pallidi e spaventati. Mi hanno accompagnata in casa, messa a sedere, piazzato il ghiaccio in testa e fatto mille domande. Sono stata una mezz’ora sotto stretta osservazione. E mentre stavo seduta con il ghiaccio sulla botta  mi sono tornate in mente due cose.

Ricordi di un capitombolo del passato

Mia sorella, molti anni fa ad una festa, cadde rovinosamente da una scala battendo la testa. Eravamo ragazze e il sabato pomeriggio andavamo sempre a casa di un’amica. La piccola soffitta di casa sua era stata trasformata in discoteca, con l’impianto stereo, la moquette sul pavimento e le luci stroboscopiche. Ero invitata solo grazie a mia sorella perché ero più piccola, e mia madre mi permetteva di mettere i collant invece dei calzettoni. Per me, che avevo appena finito le scuole medie era il posto più bello del mondo, ma la scala per salire e scendere era stretta e ripida, mia sorella cadde male e prese una sonora zuccata nel muro.  Scappava a tutti da ridere, ma non a lei e neppure ai genitori della festeggiata, che la stesero sul divano con il ghiaccio e le somministrarono un goccetto di brandy e un analgesico.

Quando entrai nella stanza dove lei stava sdraiata, c’era penombra e silenzio.

“Come stai? “ Lei mi guardò sorrise, mi toccò i capelli e mi rispose:

“Che carina, chi sei?”

Silvia non ti spaventare pensai io. Mia sorella, seria e razionale, mia sorella che a 17 anni già sapeva di politica e del mondo, che era brava a scuola, a sciare, a raccontare storie divertenti la sera. Lei che poteva leggere una notte intera un libro travolgente, se ne stava lì sdraiata con quell’aria da tonta e non sapeva chi fossi.

Decisi di andare a cercare il ragazzo di cui lei era segretamente innamorata. Sapevo che era un rischio, sapevo che lei mi avrebbe odiata, ma era per il suo bene. La prova del nove.

Lui entrò nella penombra, la guardò interessato:

“Come stai?” Lei fece un sorriso, e poi rivolta a me disse ridendo:

“Che nasone, questo!”

Silvia non ti spaventare. Lo pensai, ma questa del nasone me lo rendeva impossibile: ero spaventatissima.

Uscii di corsa e andai in cucina dalla padrona di casa, lei mi chiese come stava mia sorella, e io chiesi di telefonare.

“Papà vieni subito” Lui arrivò volando, mio padre era un medico. Come prima cosa fece una domanda:

“Cosa le avete dato?”

“Un goccetto di brandy e un analgesico”

Papà mi abbracciò e disse:

“Non preoccuparti, ora la portiamo a casa e vedrai che domani starà bene”

Eravamo piccole tutte e due, siamo tornate a casa e andate a dormire nella stessa stanza, due letti gemelli. Lei era molto stonata, buffa e simpaticissima.

La mattina dopo era di nuovo lei, la mia mitica sorella maggiore.

Biscotti alla nocciola: la regola dell’uno

 

E poi mi torna in mente un’altra cosa, ed è questa la vera storia di ricette e di ricordi, quelle prima erano storie a gambe all’aria.

Nel giardino di quella casa, dove ero appena caduta battendo la testa, c’è un forno a legna. La cugina della nonna era un’ottima cuoca e, con le nocciole che raccoglieva e tostava, faceva i baci di dama e, soprattutto dei biscotti alla nocciola semplici e quadrati che mangiavamo con il budino al cioccolato. Li cuoceva nel forno a legna, quando il fuoco non c’era più, ma era comunque caldo, e poi li conservava in una scatola di latta. Bellissima.

Però, a me e a mia sorella toccava solo un biscotto, uno soltanto. E non potevamo chiederne un altro, perché la mamma diceva che era da maleducate. Lei apriva la scatola, ci lasciava prendere un biscotto o un bacio di dama, noi ringraziavamo e la scatola di latta a fiori era magicamente chiusa e sparita.

Ora dico…va beh non lo dico…

Comunque, ho imparato a fare quei biscotti, e anche io li conservo in una scatola di latta bellissima ma, siccome a casa mia non vale la regola dell’uno, durano da oggi a domani: Frollini alle nocciole

E sono diventata brava anche con i baci di dama, che ho provato e riprovato fino a trovare la cottura perfetta, e che preparo solo con farina di nocciole, senza mandorle, seguendo la ricetta tradizionale piemontese: Baci di dama piemontesi

Frollini alle nocciole ev min

Conclusione

Guarda le botte in testa, come rimescolano i ricordi, e quante sensazioni mi ha riportato alla mente quello scivolone fuori dalla gabbia delle quaglie, con le papere i conigli, il forno a legna e tutto quello che ho raccontato.

 

 

 

 

 

 

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